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La Rocca di CittarealeLa mattina di un giorno qualsiasi, arrivato in redazione e entrato in ufficio, notai che sulla mia scrivania faceva bella mostra di sé un invito, che subito mi parve insolito. Lo aprii e in un italiano antico mi s'invitava ad un appuntamento per un'intervista unica, sotto le mura della Rocca di Cittareale.
L'invito, oltre ai convenevoli indicava ovviamente l'orario: le 6,30 del mattino. Inusuale per un'intervista, mi dissi. Mi si chiedeva di presentarmi senza fotografo al seguito. Strano invito, pensai. Curioso come sono e considerando che precedenti impegni di lavoro mi avrebbero comunque portato lì, in quel periodo, mi dissi: "perché non andare? Al limite mi farò una passeggiatina mattutina fuori programma, tanto fa sempre bene alla salute respirare l'aria buona della mattina". Detto fatto, al giorno e all'ora prestabilita, anzi prima del previsto, arrivai lì! Con il mio piccolo registratore, con una macchina fotografica e con il mio solito taccuino, pronto per l'intervista sconosciuta. Guardai l'orologio, erano le _ 6:15, ero in anticipo. L'aria era molto pungente, c'era anche una foschia persistente. Pensai che per il momento le foto all' intervistato non si potevano fare e così lasciai la macchina nella custodia. Riguardai l'orologio: le 6:28, mi guardai in giro, guardai se dalla strada provenisse qualcuno, macché!! Dal paese di Cittareale nessuno all'orizzonte. "Cominciamo bene la mattinata" dissi tra me e me. Eravamo solo io e la Rocca, possente e un po' malandata anche se in fase di restauro. Pensai: "qui non si vede nessuno, vuoi vedere che c'è sotto lo scherzo da prete di qualche mio collega giornalista?". Ma no! Loro non sono soliti fare di questi scherzetti... no ... non può essere ... ", mi dissi per rassicurarmi.. "Vuoi vedere che per via di tutte quelle storie che gli racconto si sono vendicati con questo scherzo. Non può essere. L'intervistato sarà in ritardo. Riguardai l'orologio, erano le 6,30 spaccate e ancora non si vedeva anima viva! Niente! La nebbia nel frattempo si era leggermente diradata però faceva freddo e così, istintivamente, mi alzai il bavero del giaccone per avere un po' di calore intorno al collo quando all'improvviso si udì una voce femminile, ferma e possente che disse: "Buongiorno signor giornalista, è puntuale. Sono qui che la osservo già da un po' e volevo vedere, se aveva mantenuto la parola e se era venuto da solo. No! no! non si guardi intorno, in giro non troverà nessuno all'infuori di me e non si stia a preoccupare, non sta sognando. Ha sentito bene, la voce proviene da qui, io sono la Rocca, non è un'allucinazione. Si è ripreso dallo stupore? Ecco ... Allora si giri di fronte a me, mi guardi, adesso sentirà bene la mia voce. E questa intervista non è che un mio libero sfogo sui fatti storici legati alla mia struttura. Per lei sarà un percorso storico a ritroso. Perciò, su sbrighiamoci che né io né lei abbiamo tempo da perdere! E tra breve qui, arriveranno gli operai che mi stanno restaurando. Allora, fuori con le domande signor giornalista, spari con le parole come fate di solito voi, "mi passi questo termine".

Giornalista: "Senta, ma lei è un fiume di parole, è una struttura "sparaparole"? Comunque, come vuole che la chiami?! Tutti la chiamano Rocca di Cittareale, vuole che la chiami così anch'io?".

La Rocca: "Sì, sì! Va bene ... mi chiami pure così anche lei, mi va bene lo stesso".

Giornalista: "Senta signora Rocca, ma lei quando è nata? Com'è diventata così? Chi l'ha costruita?"

La Rocca: "Caro giornalista, immagini mentre sta con il suo registratore acceso, con la sua macchina fotografica pronta allo scatto, di trovarsi ora qui, in questo preciso momento, sulla collina di Cittareale, migliaia di anni fa, e ... immagini gruppi di agricoltori, forse i progenitori dei Sabini, decisero di stabilirsi qui, in questo luogo, e di abitarlo stabilmente".

Giornalista: "Mi scusi, signora Rocca, ma Lei sta partendo da lontano, troppo. Io non ho mica tanto spazio nella rivista! Perciò si regoli di conseguenza".

La Rocca con un po' di disappunto per l'interruzione continuò: "e cosa fecero allora prima di tutto questi agricoltori antenati dei Sabini?",

Giornalista: "mi scusi di nuovo se la interrompo, ma le domande le faccio io,. Allora, mi dica, cosa fecero queste genti?".

La Rocca: "Sì, sì, d'accordo, ho compreso. Queste popolazioni cominciarono a costruire delle semplici capanne dov'è l'attuale Cittareale. D'altronde altri insediamenti erano presenti qui intorno, nella vallata, e così loro pensarono bene, visti i ripetuti attacchi di altri gruppi vicini, di rifugiarsi in questa altura protetta naturalmente e così cominciarono a difendere le loro capanne con palizzate di legno. L'insediamento, così fortificato, fu dotato anche di una torre di legno posizionata più o meno dove siamo noi. Questi antichi abitatori avevano intuito da dove poteva venire il pericolo, e così fortificarono la torre, fornendola di tutti gli strumenti necessari."

Giornalista: "Ma cosa c'entra con lei, come Rocca, questo suo racconto?".

La Rocca di CittarealeLa Rocca: "C'entra, c'entra. In questo luogo dove è lei ora, sulla stessa collina di Cittareale, si insediarono poi i Sabini che si espansero in tutta la valle. Pensi che arrivarono con i loro confini fino a Norcia. I Sabini, ormai abili costruttori, edificarono un villaggio fortificato, Falacrino. Qui nacque e crebbe Tito Flavio Vespasiano, condottiero, console e poi imperatore romano, che molti ricordano per 'i bagni pubblici' dell'antica Roma. Ma non si può dimenticare che sotto il suo impero ebbe inizio la costruzione del Colosseo, che è ancora lì, nonostante i secoli. Ma torniamo a noi. Con l'avvento dei Romani questo luogo si riempì di costruzioni; la collina fu dotata di nuove mura difensive, realizzate con blocchi di pietra locale; fu innalzata una torre al posto di quella vecchia in legno per meglio vigilare un passo particolarmente vulnerabile per quei tempi. Vespasiano fece costruire in mezzo a questa cittadina un tempietto in onore di Polla, sua madre e questa cittadina si chiamò, per secoli, Apolline. Scavando qui sotto, dov'è l'attuale paese si possono trovare ancora, forse, incenerite dai Saraceni, le vestigia di questa cittadina romana; d'altronde il portale della Chiesa di S. Antonio proviene da qui sotto. Se andrà a controllare di persona la facciata di marmo, vedrà che sotto l'arcata del portale della chiesa sono incisi dei sistemi di gioco che facevano i Romani per divertirsi, una specie di Risiko antico, dicono gli esperti. Questo luogo e il suo circondario sono stati, nel corso dei secoli, oggetto di trattazione per scrittori che ne hanno tramandato, così, la storia e le tradizioni. Due su tutti. Il primo, Salvatore Massonio, visitò questa terra, nel 1564 pubblicò un libro in cui raccontò di noi. L'altro, Ludovico Antinori, un dotto prelato del '700, scrisse di questi luoghi con dovizia di particolari.
Forse mi sto dilungando in po'? Ma quando mi si ripresenterà l'occasione di parlare di questi argomenti con un essere umano? Ascolti e registri tutto, signor giornalista."

Giornalista: "Sì sì, sto registrando fedelmente tutto quello che mi dice, stia tranquilla!".

La Rocca: " ...trascorsero così altri anni; l'Impero Romano andò in rovina e con esso anche la collina di Cittareale. Di qui passarono i Saraceni,nell'890 circa; depredarono, saccheggiarono, incendiarono tutto ciò che trovarono sulla collina e luoghi vicini; poi fu la volta dei terremoti, tremendi, distruttivi, sconvolsero tutto quello che era rimasto, compresa me che non ero ancora un manufatto definito. Poi, anni dopo, su questa altura, arrivarono i Longobardi che diedero vita ad "un castaldato falacrinensis" attraverso il ducato di Spoleto. I duchi di Spoleto, riattarono la torre romana o quello che ne era rimasto in piedi. l'ampliarono, ma che sciocca, sto parlando di me! Allora, mi fortificarono di tutto punto; poi ci furono altre guerre locali, altre invasioni, altre distruzioni, altri terremoti, che mi fecero di nuovo cadere in disgrazia, me e il luogo su cui mi ergevo posizionata ancora come torre, non come rocca, sia ben chiaro! Dopo questi eventi arrivarono i Normanni e, sotto Ruggero II questo luogo fu ricostruito totalmente, ma sempre e comunque nello stesso posto e sulla stessa collina dove ci troviamo. Vede signor intervistatore, l'età storica precisa in cui regnò Ruggero II è all'incirca il 1140 e già nel 1153, io esistevo già come struttura fortificata a forma di torre, lo scriva per esteso, perché tutto ciò è certificato dal "Catalogus Baronius" arrivato ai nostri giorni come riproduzione fotografica grazie ad una storica inglese, la studiosa medioevalista, Evelìn Jamson. E' lei, difatti, che, prima del secondo conflitto mondiale, fotografò il manoscritto che poi andò distrutto dai bombardamenti aerei e tutto ciò che era conservato nell'Archivio di Stato di Napoli fu, irrimediabilmente, perduto. La mia struttura era dotata di tutti gli accorgimenti necessari per l'adeguata vigilanza di un confine. E dentro la torre allora alloggiavano due cavalieri (milites) che avevano a disposizione sei soldati (servintes) e in caso di guerra santa, il feudatario della torre poteva mandare un cavaliere in quella terra lontana. In quei tempi la popolazione veniva censita contando i fuochi e ogni fuoco equivaleva a un nucleo familiare e in quell'anno del 1153 è stato certificato che di famiglie o fuochi ce n'erano 48. E badate bene che erano dislocate solo sulla collina di Cittarealedove siamo ora. Perciò si faccia i conti e si renderà conto che qui, all'epoca, era presente già una discreta popolazione. Questa torre fortificata e il comprensorio circostante era retto da Brunamonte (o Brunamontis), un nobile feudatario umbro inviato qui dal re in persona. E sempre in questo "Castaldatus falancrinensis", Scantiano (l'attuale Scanzano di Cittareale) era la contrada più antica finora accertata dal regesto di Farfa. Questo luogo è spesso citato dai catasti antichi, negli atti di compravendita dei nobili e facoltosi della zona, ancora prima del 1100, in piena era longobarda. Tutto ciò è dimostrabile dai regesti di Farfa o dalla "Cronicom Farfense" di Gregorio di Catino, storico e monaco di Farfa".

Giornalista: "Però! Signora Rocca, lei vanta discendenze patrizie".

La Rocca: "Sì, sì, .. certo. Come vede io già all'epoca cominciavo ad avere una mia identità anche se ero ancora una torre fortificata, comunque avevo intorno a me già un nucleo consistente di persone, che potevo difendere da possibili invasioni, ero costruita per questo, non le pare?".

Giornalista: "Poi signora Rocca, la sua storia va avanti, continui la prego ... ".

La Rocca di CittarealeLa Rocca: "Passò qualche tempo, tanto quanto bastò per vedere arrivare qui un altro popolo, gli Svevi. Il loro re, Federico II, nato non lontano da qui, a lesi per la precisione, conosceva molto bene la zona e i suoi problemi. Per questo sotto il suo mandato fui ulteriormente fortificata, ampliata fino a diventare un mastio. Nicolaus de Arcione, valente architetto di allora, sempre al seguito di Federico II, mi fece cingere di mura possenti, con pietre appositamente scavate e sagomate fu così che tutta la struttura prese una forma particolarissima, diventai, difatti, triangolare con torri rettangolari all'estremità dei muri perimetrali e con una torre centrale (il mastio per l'appunto), al mio interno. Vede come le sto parlando con orgoglio di quel periodo storico? Perché è a quel periodo che è legato il mio appellativo di rocca federiciana o rocca di Intro, cioè rocca tra i monti. Questa signor giornalista è la risposta alla sua domanda iniziale. Fui, dunque, una fortezza federiciana, unica nel suo genere, e ... guardi... che stiamo parlando del 1229 o giù di lì, in pieno alto medioevo.
Del resto se si vuole togliere una curiosità, vada a vedere il castello di Ocre, in Abruzzo, che ebbe grande importanza strategica nella vallata dell'Aterno, e noterà le somiglianze. Certo, io come rocca negli anni a seguire cambiai aspetto più volte. Gli uomini, di volta in volta, mi adeguavano alle esigenze contingenti mutando le mie forme architettoniche. Però rimasi sempre triangolare.
E così sono rimasta fino ai nostri giorni. Anche se con qualche acciacco. Mica sono eterna come il Colosseo! La mia forma innovativa per l'epoca, fu quindi voluta da Federico II e dal suo ingegnoso architetto De Arcione. La struttura triangolare mi avrebbe, secondo loro, fatto durare di più. E avevano ragione, evidentemente.
E guardi, signor giornalista, che tutti i regnanti che si succedettero fecero qualche modifica, mi cambiarono le torri, che da quadrate divennero tonde, apportarono qualche altra variazione, ma il triangolo perimetrale rimase tale".

La Rocca di CittarealeIl giornalista: "Senta, lei signora Rocca di Cittareale con questa intervista mi ha fatto un riassunto storico ma non ha risposto alle mie domanda iniziali. Perché non ci sono documenti atte stanti la sua nascita come struttura? Perché c'è tanto mistero intorno a lei? Perché c'è un vuoto di notizie che va dal 1200 al 1300? C'è chi sostiene che al suo interno sia sepolto il Re Manfredi, figlio dell'imperatore Federico II; oppure c'è chi sostiene che quelle semisfere di pietra arenaria posizionate sulla sua facciata principale, dov'è l'ingresso principale, siano di un preciso riferimento astrale, a testimonianza della passione di Federico II per gli studi metafisici e matematici. E poi, vorrei farle tante domande, ma avrei bisogno di più tempo e più spazio che la rivista non può concedermi, assolutamente. Ora si è fatto tardi e tra poco arriveranno gli operai per continuare il restauro.
Non vorrei che mi vedessero qui da solo con lei, a parlare, come uno scemo alle sue pietre!
Mi troverei un po' a disagio. Mi comprenda! Non vorrei esser preso per matto!

La Rocca: "Ha ragione, questa è una situazione particolarissima che ho voluto io e che soltanto io e lei dobbiamo conoscere. Allora, facciamo così, mi rifarò viva io con un nuovo invito, così lei potrà organizzarsi e continueremo così la nostra intervista particolare. Quando ci rivedremo potrò così rispondere a tutte le domande, d'accordo?".

Giornalista: "Va bene, allora buon restauro, la vedo ancora un po' malandata, signora Rocca di Cittareale".
Poi il giornalista scattò delle foto alla Rocca, passò davanti agli operai salutandoli con un "buongiorno" e un "buon lavoro" e loro contraccambiarono il saluto. Il giornalista, così, si avviò verso il paese di Cittareale. La Rocca, nel frattempo, osservava tutto, dall'alto della sua mole, e dentro di sé borbottò: "lazzarone di un giornalista, sai che adesso io non posso più parlare e così non posso più rispondere ad alta voce". Mentre gli operai si accingevano a lavorare sulle pietre della Rocca battendola con pesanti martelli, lei, la Rocca, sempre fra sé gridò: "ahi che male! E non battete forte sulle mie pietre, che sono anziane e che diamine! Un poco di delicatezza per piacere, in fondo sono ancora una signora Rocca!"

 

di Agostino Taliani dalla rivista Falacrina anno 1 n° 2 Agosto 2004